ISRAELE-IRAN ALLA GUERRA DEL PETROLIO
Quando il prezzo del petrolio diventa leva strategica.
L’attacco israeliano alle infrastrutture nucleari iraniane ha avuto effetti contenuti sui mercati energetici globali. Il #petrolio è salito di oltre il 10%, ma resta sotto i 75 dollari al barile. In un altro contesto storico, ci saremmo aspettati una scossa ben più profonda.
👉 PERCHE’ ?
Perché i prezzi non sono solo una conseguenza, ma uno strumento strategico.
Già nel 2018, l’amministrazione #Trump scommise sul fatto che il mercato avrebbe retto un’escalation con Teheran. La produzione USA in aumento e la capacità di riserva globale crearono un *cuscinetto politico.
Lo stesso sta avvenendo oggi: la grande scommessa bellica di Israele ha beneficiato del margine politico reso possibile dagli sforzi di Trump per “abbassare il costo del petrolio”.
Non serve infatti che il petrolio resti basso per sempre — solo abbastanza a lungo da cambiare il calcolo tattico degli Stati che puntano a riscrivere gli equilibri geopolitici della regione.
Ma per chi si affida ai modelli economici tradizionali, questo scenario è disorientante – se non destabilizzante. In un’epoca in cui l’economia sembrava guidare la politica, le analisi si basavano su presupposti stabili: stato di diritto coerente, ordine liberale globale, previsioni lineari.
Oggi tutto questo è in crisi ed i mercati stanno prendendo le misure della REALTA’ in cui la geopolitica guida l’economia.
Non è solo un cambiamento semantico. È una trasformazione strutturale del modo in cui il rischio deve essere letto e prezzato.
👉 Per chi opera nei mercati, ignorare il contesto geopolitico non è più un’opzione. È una vulnerabilità.
➡️ In questo nuovo podcast della serie Geopolitica Difesa Sicurezza, analizzo analizzato i recenti attacchi di Israele contro le infrastrutture energetiche iraniane e quali siano gli impatti prospettici sui #mercati in un articolo completo, pensato per chi vuole capire come la “Guerra del Petrolio” influenzi scenari economici e finanziari globali..
Per Consulenti Finanziari e Private Bankers, comprendere queste dinamiche è cruciale perché consente di capire meglio un mondo in rapido cambiamento ed orientare le strategie d’investimento su basi più realistiche.
Puoi leggere l’articolo, ricco di grafici, o ascoltare il podcast su YouTube e Spotify ai seguenti link
L’ATTACCO ISRAELIANO CONTRO L’IRAN
Dopo aver decapitato le leadership ed aver demolito, negli ultimi 20 mesi, le capacità militari del cosiddetto asse della resistenza – dal Libano alla Siria, da Gaza allo Yemen – Israele ha colpito la Repubblica Islamica e la sua economia, paralizzata da decenni di sanzioni.
L’obiettivo degli attacchi di Israele contro l’Iran va ben oltre il sabotaggio dei negoziati sul nucleare con gli Stati Uniti, a cui si oppone da tempo.
Israele sta cercando di sfruttare le debolezze della Repubblica Islamica per fomentare disordini economici e scatenare il rovesciamento del regime clericale che governa Teheran da quasi mezzo secolo, impedendo qualsiasi futuro comportamento aggressivo nei confronti degli interessi strategici dello Stato ebraico.
Già dal secondo giorno di guerra Israele ha iniziato a colpire le infrastrutture energetiche iraniane, attaccando il principale deposito di carburante e benzina di Shahran, in un quartiere della classe media a nord di Teheran.
Inoltre ha colpito due impianti di trattamento del gas sulla costa meridionale dell’Iran che trattano il gas proveniente da South Pars, il giacimento di gas naturale più grande al mondo chiamato North Field. Gli impianti prelevano il gas dal giacimento e lo trasformano in metano per uso domestico, gas di petrolio liquefatto (GPL) ed etano, una materia prima per gli impianti petrolchimici.
Gli attacchi suggeriscono che Israele stia tentando di indebolire e interrompere le catene di approvvigionamento di gas e carburante dell’Iran per causare carenze, piuttosto che perseguire la produzione o l’esportazione di petrolio e gas del Paese, che sconvolgerebbe i mercati.
QUALI SONO LE INFRASTRUTTURE A RISCHIO
L’infrastruttura energetica più importante della Repubblica islamica è l’impianto di esportazione dell’isola di Kharg, a circa 25 km al largo della costa meridionale dell’Iran, che gestisce circa il 90% delle spedizioni di greggio del Paese.
Obiettivi energetici alternativi e meno significativi per i mercati mondiali, potrebbero includere la raffineria di Abadan, che secondo gli analisti di Kpler rappresenta il 17% della capacità di raffinazione dell’Iran e il 13% della sua fornitura di benzina, e il terminal petrolifero di Mahshahr. Anche i principali oleodotti e depositi di stoccaggio vicino a Hormozgan potrebbero essere presi di mira.
Secondo le stime di Citi, un attacco israeliano contro le infrastrutture petrolifere minori dell’Iran potrebbe causare una perdita temporanea di produzione fino a 450.000 barili al giorno. Ma un attacco a Kharg comporterebbe una perdita molto più consistente e prolungata, fino a 1,5 milioni di barili al giorno, pari a circa l’1,4% del consumo globale.
Colpire le raffinerie piuttosto che i giacimenti petroliferi o i terminali di esportazione potrebbe avere un impatto minore sul prezzo del petrolio o addirittura farlo diminuire, poiché l’Iran avrebbe più greggio da vendere all’estero.
Israele ha chiuso i propri giacimenti di gas di Karish e Leviathan come misura precauzionale, anche se altri giacimenti rimangono in funzione. La rete elettrica del Paese non è collegata a quella dei Paesi confinanti e Israele dipende dal gas naturale per circa il 70% della sua produzione di energia elettrica.
QUALE IMPATTO SUI MERCATI ?
Gli attacchi suggeriscono che Israele stia tentando di indebolire e interrompere le catene di approvvigionamento di gas e carburante dell’Iran per causare carenze, tali da fomentare rivolte interne, piuttosto che perseguire la produzione o l’esportazione di petrolio e gas del Paese, che sconvolgerebbe i mercati.
Il petrolio è sceso dopo la notizia riportata lunedì dal WSJ, su una possibile ripresa dei negoziati tra USA ed Iran sul nucleare, con i futures sul Brent in calo di circa il 4%. Venerdì avevano registrato un aumento superiore al 10%, sottolineando l’alta posta in gioco per l’approvvigionamento energetico in caso di ostilità nel Golfo Persico.
Anche i titoli del Tesoro USA hanno peraltro recuperato le perdite precedenti e le obbligazioni europee hanno guadagnato terreno grazie alla diminuzione dei timori per l’inflazione.
Gli analisti e gli operatori di mercato sanno che i missili iraniani possono colpire gli impianti petroliferi e le infrastrutture regionali, ma è improbabile che l’Iran voglia compromettere le nuove relazioni che ha instaurato con i paesi arabi vicini nel Golfo, che temono di rimanere coinvolti nel conflitto e stanno spingendo per un allentamento delle tensioni con Trump.
L’Iran aveva ripetutamente minacciato in passato di chiudere lo Stretto di Hormuz, nel caso un attacco estero costituisse una minaccia esistenziale per lo Stato: la maggior parte degli analisti ritiene che ciò sia improbabile, poiché sconvolgerebbe tutti i paesi della regione che dipendono da questa rotta e la Cina, il principale acquirente del petrolio iraniano.
Nonostante il rialzo registrato venerdì, il prezzo del greggio rimane dunque al di sotto dei 75 dollari.
I mercati restano scettici riguardo alla possibilità di interruzioni e ritengono che, in assenza di interruzioni dell’approvvigionamento, non assisteremo a forti aumenti dei prezzi del petrolio, perché il premio per il rischio geopolitico è già stato scontato. Se poi la mediazione internazionale riuscisse a fermare i combattimenti, i prezzi potrebbero subire un forte calo.
GUARDANDO AVANTI
Non ci sono prove convincenti che lo scontro tra Israele e Iran sia vicino ad una soluzione per collasso del fronte interno a Teheran, nonostante la crescente enfasi delle dichiarazioni in tal senso da parte israeliana.
Storicamente ogni volta che l’Iran è stato attaccato o minacciato, questo Paese fortemente nazionalista si è unito.
Nonostante il malcontento diffuso, appare per ora poco probabile che un cambio di regime avvenga rapidamente per mano delle bombe israeliane.
Secondo Chatham House l’Iran “Ha dimostrato di disporre dell’arsenale militare necessario per ora” e “Se l’Iran ritiene che il suo regime sia seriamente minacciato, tutto è possibile, il che aumenta il rischio per tutti”.
Lo scenario più preoccupante sarebbe quello in cui i leader iraniani chiudessero lo Stretto di Hormuz, lo stretto passaggio che collega il Golfo Persico e, infine, l’Oceano Indiano.
Secondo Rystad, circa un terzo del volume di petrolio greggio esportato via mare e il 20% del gas naturale liquefatto mondiale, un’altra materia prima fondamentale, transitano attraverso questo canale circondato da scogliere e delimitato a nord dall’Iran.
Gli analisti della Deutsche Bank ritengono che se l’Iran dovesse bloccare lo stretto per due mesi, i prezzi potrebbero salire a 124 dollari al barile, ma questo avrebbe due implicazioni immediate:
- il blocco dell’export della maggior parte del petrolio iraniano diretto verso la Cina attraverso i terminal dell’isola di Kharg e
- la probabile risposta della Quinta Flotta americana con base in Bahrein.
Lo scenario più probabile in questa fase è che un conflitto prolungato possa spingere il prezzo del petrolio fino a 90 dollari al barile, per poi essere compensato dall’aumento della produzione da parte di altri Paesi esportatori e da un calo della domanda che storicamente si manifesta per effetto dell’aumentata incertezza.
📌 Integrare l’analisi geopolitica nelle valutazioni di allocazione strategica è ormai indispensabile.
C’è un forte bisogno, da parte dei Leader aziendali e dei Private Bankers, di avere una visione strategica, per dare senso, creare connessioni nuove e individuare opportunità nei rapidi cambiamenti in atto, sempre più guidati dai processi decisionali degli Stati.
Per avere costanti aggiornamenti su temi che intersecano Geopolitica, economia e mercati, puoi iscriverti gratuitamente a questa newsletter e consultare il mio sito www.alessandropozzi.it
Nel modo del Realismo geopolitico, non esistono amici o nemici permanenti, solo interessi strategici.
Puoi essere sempre aggiornato consultando gli “appunti di geopolitica” di questo sito ed iscrivendoti alla newsletter “Geopolitica Difesa Sicurezza”: un filo diretto con l’innovativo insegnamento POLIMI GDS, che ti mette a disposizione sintesi dei seminari, le testimonianze esclusive e le analisi.
Subscribe on LinkedIn
Subscribe on LinkedIn https://www.linkedin.com/build-relation/newsletter-follow?entityUrn=7241839645951447040